Recensione – L’oro degli Ustaša

Copertina L'oro degli Ustasa
L’oro degli Ustasa di Denise Jane Antonietti

Recensione

Trieste, sul finire della seconda guerra mondiale, un gruppo di amici che si barcamenano con vari lavori e fanno anche contrabbando viene coinvolto nei piani segreti degli Americani per recuperare l’oro degli Ustasa. A raccontare questa storia è uno del gruppo, Sante Fonda, quando molti anni dopo viene raggiunto in Paraguay da una giornalista.
La giornalista vuole svelare il mistero di questo oro che sembra essersi dissolto fra le pieghe dello spionaggio internazionale.
Sante Fonda e i suoi amici vengono reclutati, o meglio costretti, a fare da spola: ricevere l’oro sul confine e portarlo al largo per consegnarlo agli Americani. Le cose però non vanno come sperato e il passaggio dell’oro sul confine salta. Gli Americani devono organizzare una nuova consegna con il loro contatto oltre confine mentre Sante dovrà ideare un altro piano per trasportare l’oro e salvare la pelle. C’è chi è pronto ad uccidere per quell’oro.
Guardati a vista da un paio di spie Americane, il gruppo di amici dovrà fare i conti con la pressione di vivere sul chi-va-là mentre aspettano il prossimo appuntamento per la consegna.
La storia ha un finale dal gusto amaro e Sante non lo dice espressamente, ma la giornalista intuisce dove può essere l’oro che in tanti si sono contesi.

Questo racconto breve ha un ritmo ben cadenzato e l’autrice scrive con uno stile che rassomiglia molto il romanzo. Denise Jane narra con fluidità e anche gli intermezzi del presente, in cui la giornalista intervista Sante, sono ben inseriti nella storia del dopo guerra. I personaggi sono abbastanza ben delineati con il loro carattere incisivo, tanto nelle questioni personali degli amici, tanto nelle questioni che vede il gruppo rapportarsi con gli altri.
Mi è piaciuta molto l’ambientazione, oltre quella geografica di Trieste, proprio tutto il ritratto storico di un periodo difficile e incerto che traspare dalle vicende di Sante, Italo, Branko e Mira. Davanti a scelte difficili, è naturale seguire l’istinto di salvare la pelle e magari scappare via da Trieste per farsi una nuova vita, ma spunta anche il coraggio di affrontare le difficoltà e anche quello per restare nel paese che si considera casa.
Non è propriamente una storia da lieto fine e questo dà maggiore spessore ai risvolti umani dei protagonisti, ma l’autrice ha saputo ben dosare anche l’azione e soprattutto gli intrighi spionistici.
Ciò che mi ha affascinato di più sono alcuni colpi di scena che portano avanti la narrazione e tengono il lettore incollato alle pagine. Lo stesso dicasi per le considerazioni finali della giornalista.
Nel complesso, la storia è piacevole e ho apprezzato molto anche il tanto lavoro di ricerca di cui l’autrice parla nelle note finali, così si intuisce a cosa è dovuto il senso di realismo che avvolge l’intera vicenda.
Consiglio la lettura a chi è appassionato di intrighi, azione e un pizzico di drammaticità.



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