Recensione – La girandola degli insonni

Copertina La girandola degli insonni
La girandola degli insonni di Arianna Cecconi

Recensione

Aurora si è trasferita a Marsiglia e insegna italiano a privati di tutte le età, ragazzi e adulti che vogliono imparare per i motivi più disparati. Ha anche un paio di amici che vede ogni tanto, ma a nessuno confida del suo problema. La notte non riesce più a dormire perché si dimentica di respirare e si sveglia per sopravvivere. Un problema sorto quando il Lupo, l’uomo che amava, si è allontanato da lei senza dire una parola.
Aurora si rivolge a un centro del sonno e le premesse non sono incoraggianti, dovrà dormire una notte in ospedale monitorata con elettrodi d’oro e una telecamera infrarossi di cui non potrà guardare le riprese. Il motivo? Potrebbe spaventarsi. Questa rivelazione del medico è un velo sulla coscienza di Aurora che la donna non sa se vuole sollevare. Potrebbe essere il coperchio di un vaso di Pandora e lei comincia a sollevarlo quando, con un gesto d’istinto, trafuga tre custodie di DVD con le riprese di altrettanti pazienti. Anche sbirciare appena può far uscire il peggio.
Su ogni custodia un nome e un numero di telefono che le permettono di mettersi in contatto con i pazienti e le loro vite con una menzogna. Si finge una collaboratrice del centro del sonno e comincia a frequentare i tre uomini: un ragazzo che non riesce a star fermo, un marinaio che vuole tornare in mare, e un anziano che si abbandona all’oblio con la musica. Ognuno con la ferma volontà di non farsi discriminare e non farsi influenzare dal proprio problema del sonno. Insonnie diverse dalla sua ma con tratti in comune.
La donna li conosce a poco a poco, fino a sapere molto di loro, fino a intrecciare le loro vite con la sua, fino a farsi scoprire, a perdere e conquistare la loro fiducia, fino a scoprire il meglio di sé stessa guardando al peggio.

Arianna Cecconi scrive con uno stile semplice e al contempo evocativo, con piccoli tratti dipinge immagini che sorprendono.
Al primo impatto, la storia sembra frammentaria, invece è una visione onirica, fatta di metafore e eventi che immergono il lettore in un mondo ovattato. Un sogno fatto a occhi aperti, con la consapevolezza che è difficile lasciarsi andare ed essere sé stessi, soprattutto quando qualcuno può guardarti da vicino.
Costellata di miti, credenze popolari e storie antiche, la narrazione degli eventi si intreccia al flusso di coscienza su cui la protagonista pone attenzione guardando agli altri.
Per capire sé stessa, Aurora deve fingersi qualcun altro e deve perdersi nelle vite di tre sconosciuti, e per farlo deve abbassare le sue difese, dare fiducia e conquistare una fiducia che sa dover perdere come si chiudono gli occhi per addormentarsi, ben consapevoli che bisognerà riaprirli. La magia avviene proprio quando sa che sarà smascherata e, forse involontariamente, continua a mentire. Un po’ come quando ci si abbandona al sonno pur sapendo che non è reale.
La realtà, però, va oltre la materia e ciò che sogniamo è parte di noi, pur non essendo tangibile. Il sonno compone la nostra identità assimilando il vissuto quotidiano e ce la svela con immagini simboliche.
Se il sonno manca, l’identità si costruisce in altro modo, bisogna scoprirla per analogia e differenza con chi fa fatica a dormire, così Aurora scopre chi è davvero, scopre ciò che non sapeva del suo carattere.
Il fulcro è questo. Chi siamo. Ogni persona ha le sue peculiarità, ognuno è unico e può insegnare qualcosa. La protagonista Aurora impara a fidarsi di nuovo, a far risplendere la sua anima.
Il libro mi ha colpito proprio per questo. Secondo me, l’autrice racconta una donna che ha perso l’amore e la fiducia negli altri, con un’anima che si scolorisce o si indurisce, mentre i sensi si amplificano per mancanza di sonno o per restare sempre all’erta, magari in attesa di qualcuno che torni, perciò trattiene il respiro, e poi rifulge guardandosi dentro. Il sonno è memoria, è anima, è vivere, è respirare. Aurora non vuole che Lupo vada a depositarsi nella sua coscienza, lo vuole ancora presente, non vuole lasciarlo andare, ma non sa ancora che quella coscienza non è perduta. Dovrà imparare che lasciare andare non è perdita ma cambiamento, crescita, è soprattutto vivere il momento, ed esiste solo quello. Dovrà imparare l’amore per sé stessa che rompe qualsiasi regola e divieto autoimposti, qualsiasi pregiudizio e qualsiasi convinzione errata su bellezza e desiderio per arrivare all’essenza.
A mio modesto parare, l’autrice ha intriso le pagine di significato con la metafora del respiro, del suono, delle vibrazioni, dei brividi di emozione quali “sintomi di vita” che si susseguono nella storia.
Per finire posso dire che il libro merita una lettura attenta. Ognuno tragga le proprie conclusioni.



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