Recensione – Riccardino
Titolo: Riccardino
Autore: Andrea Camilleri
Genere: Giallo
Anno di Pubblicazione: 2020
Pagine: 292
Serie: Commissario Montalbano, #31
Recensione
Il Commissario Montalbano viene svegliato all’alba da una telefonata. Un tale Riccardino gli dice che lo stanno aspettando. Invece di dirgli che ha sbagliato numero, per ripicca Montalbano lo rassicura che arriverà a breve. Il fato vuole che i due si ritrovino, perché Riccardino viene assassinato mentre con due amici aspetta il quarto che credeva di aver chiamato per la loro passeggiata abituale.
L’indagine si presenta semplice e complessa allo stesso tempo. Pare infatti che l’uomo sia stato ucciso da un motociclista con casco integrale in maniera così rapida che i suoi amici non hanno visto nulla. Montalbano porta i tre in commissariato e nell’interrogarli si accorge di qualcosa di strano, così comincia a fare teatro per sollevare questioni spinose e taciute.
Nel frattempo, ci si mettono i potenti che prima tolgono e poi ridanno l’indagine a Montalbano. Questa indagine prende subito la piega dell’omicidio passionale, in quanto Riccardino, al secolo Riccardo Lopresti stimato Direttore di Banca, amava circondarsi di belle donne e fare cornuti parecchi mariti, forse pure i suoi amici. Fra questi, c’è Alfonso Licausi, nipote del Vescovo il quale spinge per mantenere un certo decoro nelle indagini.
Con tutto ciò, il Commissario deve occuparsi anche di una denuncia per strani movimenti di camion e auto vicino ai palazzi nei pressi di una discarica.
Montalbano ha sempre il fiuto del cane da caccia, ma sembra aver perso un po’ di volontà e sia diventato un po’ pigro. A pesare sulla sua situazione c’è il confronto che vorrebbe reggere con il Montalbano televisivo nato dalle sue indagini raccontate ad un Autore che ne ha fatto romanzi. E l’Autore gli viene in aiuto. Infatti i due si sentono per telefono, si scrivono e l’Autore vorrebbe indirizzare le sue indagini, ma il Montalbano reale non ci sta perché fedele al suo mestiere e alla verità.
In questo ultimo libro con protagonista il Commissario Montalbano, Camilleri tiene fede al suo stile di descrivere l’indagine con tratti essenziali e scambi di battute, il tutto come sempre narrato nella sua lingua vigatese. Ciò che contraddistingue la storia è l’aver portato la realtà nella finzione capovolgendo così i ruoli con genialità.
Il Montalbano televisivo dalla realtà entra nella finzione della pagina scritta e di conseguenza il Montalbano letterario diventa reale. Il Montalbano letterario non ha perso il fiuto per le indagini e con il suo fare “teatro” si fa strada fra i segreti degli amici dell’uomo assassinato ma, e qui sta il genio di Camilleri, deve anche superare le ritrosie dell’Autore che lo vorrebbe inquadrare in una trama da stereotipo cinematografico americano.
I due sembrano quasi in conflitto, l’indagine in stallo e l’Autore pronto a creare incongruenze nella storia pur di farla andare come vuole lui, mentre Montalbano cerca di incastrare i pezzi nel giusto ordine e con la sua solita ironia. Il Commissario risponde con arguzia al Vescovo e coloro che lo sostengono per indirizzare le indagini, forse come monito all’Autore, ma si permette anche di dare suggerimenti per riportare nella sceneggiatura televisiva i suoi pensieri.
Camilleri si diverte, sapendo di aver creato un effetto pari a quello ottico degli specchi posti uno di fronte all’altro che si riflettono all’infinito. Il suo Commissario riguadagna la propria dimensione letteraria, direi immortale, e questa indagine non può essere trasformata in un film per la televisione.
A proposito dell’indagine, Camilleri ci mostra come in tutti questi anni Montalbano abbia corretto il tiro delle velleità artistiche dello scrittore rendendo le sue storie più che verosimili, vere. Anche in questo caso Montalbano, quello vero letterario, segue il suo fiuto e pur con tutta la stanchezza addosso arriva a scoprire i moventi venali dell’omicidio. Questi moventi vedono coinvolti potenti e mafiosi che però Camilleri vorrebbe evitare, così l’Autore propone l’alternativa della soluzione passionale dell’indagine che salverebbe capra e cavoli. Montalbano ribatte all’Autore che così salverebbe solo i cavoli propri.
Alla fine la volontà di Camilleri prevale perché nella storia ci sono altri personaggi più inclini al suo volere, ma Montalbano ha già reso la sua versione dei fatti. A quel punto poi, l’Autore si fa da parte per non apparire più nella storia. A Montalbano è lasciata facoltà di decidere del proprio destino e lo farà con la determinazione che lo contraddistingue. Al lettore è lasciata facoltà di decidere quale soluzione dell’indagine accettare per vera.
Non mi resta che consigliare la lettura del libro, è un finale di serie divertente e ironico, a tratti nostalgico, nonché un giallo a duplice soluzione.
L’autore
Andrea Camilleri nasce il 6 Settembre 1925 a Porto Empedocle (Agrigento). Lì studia e subito dopo la maturità, nel 1945, vive sulla propria pelle l’esperienza di trovarsi in un paese in guerra fino ad assistere allo sbarco degli alleati in Sicilia.
Si trasferisce a Roma e nella sua lunga carriera ha lavorato alla Rai come regista, ha insegnato Regia all’Accademia di Arte Drammatica, ha scritto saggi sullo spettacolo.
Si avvicina anche al teatro e infine alla scrittura di narrativa. Pubblica diversi libri prima di affermarsi con il libro “La stagione della caccia” e poi diventare celebre per i suoi romanzi con protagonista il Commissario Montalbano ambientati nell’immaginaria città siciliana Vigàta.
Muore il 17 Luglio 2019 a Roma.
Dove trovare il libro
Ebook: Sellerio – Amazon – Kobo – GooglePlay
Cartaceo: Sellerio – IBS – La Feltrinelli
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