Recensione – Ghiaccio-Nove

Copertina Ghiaccio-Nove
Ghiaccio-Nove di Kurt Vonnegut

Recensione

All’indomani del lancio della prima bomba atomica su Hiroshima, un autore racconta in prima persona le peripezie che compie nel tentativo di scrivere un libro sulla fine del mondo intitolato “Il giorno in cui il mondo finì”. Si mette così sulle tracce di chi conosce il papà della bomba, lo scienziato Felix Hoenikker, a cominciare dai suoi figli.
Il libro sulla fine del mondo viene presto accantonato per narrare gli strani episodi che l’autore vive nel raccogliere informazioni sulla vita privata di Hoenikker, le sue invenzioni, la sorte dei suoi figli ormai orfani.
In questo tragitto, l’autore scopre la religione di Bokonon e i suoi precetti, fra cui il più importante: “tutte le religioni, incluso il bokononismo, non sono altro che menzogne”. Scopre anche di essere bokononista e cerca le origini di questa religione fino a ritrovare i figli di Hoenikker, su un’isola del Mar dei Caraibi, la Repubblica di San Lorenzo. Le origini del bokononismo, la vita degli Hoenikker e le sorti del mondo sono intrecciate ad un’invenzione di Felix Hoenikker come le corde tese nel gioco ripiglino per formare “la cesta del gatto”.
Questa invenzione, il Ghiaccio-Nove, si rivela letale per gli esseri umani poiché fatti in gran parte d’acqua, e crea una situazione apocalittica dove l’autore decide di scrivere il libro che si sta leggendo.

Kurt Vonnegut, l’autore vero dietro l’autore protagonista narrante, scrive con uno stile semplice e lineare, con l’ausilio di aneddoti ed episodi dal carattere umoristico.
Fatti all’apparenza scollegati si intrecciano via via che si procede nella lettura fino a dare forma alla trama. Sebbene la storia sia ricca di nonsenso, ci sono delle idee di fondo che fanno sorridere ma anche riflettere.
Per dirne una, l’idea di una religione dichiaratamente basata su menzogne che serve a mantenere un ordine sociale. Se da un lato Vonnegut evidenzia la necessità di avere qualcosa in cui credere, dall’altro rivela le dinamiche fra verità e menzogne a cui gli uomini preferiscono indulgere.
Poi mette in luce l’assurdità degli uomini che creano distruzione con la bomba atomica, mostrando che l’ideatore della bomba non avesse nessuna volontà omicida quanto più interesse nelle proprie invenzioni e nient’altro.
Ironia della sorte, ciò che può uccidere molta gente, ossia la bomba atomica, resta un fatto secondario in un libro mai finito. Invece il Ghiaccio-Nove, un’invenzione che dovrebbe servire solo a rimuovere il fango dalle strade per i militari, diventa letale. Questa invenzione che ghiaccia l’acqua in maniera sorprendente si insinua nella strumentalizzazione della fede, quale merce di scambio, fino a scatenare addirittura uno scenario apocalittico.
L’epilogo sembra voler sottolineare che sia la scienza sia la fede possono far danni. Non aggiungo altro, se non che il libro è consigliato per gli appassionati di humour surreale.



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