Recensione – Neuromante

Copertina Neuromante
Neuromante di William Gibson

Recensione

Henry Dorsett Case era un cowboy, un hacker in termini moderni, capace di destreggiarsi fra i costrutti informatici del cyberspazio con le connessioni cerebrali. In quel luogo virtuale dove è possibile interfacciarsi con dati e persone, lui faceva affari illeciti. In sostanza era un ladro che lavorava per altri ladri.
Era uno dei più bravi cowboy e sapeva aggirarsi nella matrice: il reticolo di persone che riempiono il cyberspazio con la proiezione della propria coscienza. Un mondo popolato da alter ego virtuali in grado di connettersi fra loro.
Purtroppo Case è stato tagliato fuori dal cyberspazio quando ha commesso l’errore di rubare ai suoi datori di lavoro e quelli gli hanno danneggiato il sistema nervoso con una tossina.
Case spera di potersi ricollegare alla matrice, tornare ad essere un cowboy e vivere la sua vita incorporea. Invece vive un’esistenza fisica distruggendosi con alcol e droga in un quartiere degradato. I suoi guadagni sono spariti fra vari consulti delle cliniche clandestine, poteva permettersi solo quelle, ma non erano in grado di eseguire gli interventi neurali che l’avrebbero rimesso a posto.
L’occasione arriva con Molly, una donna con impianti bionici, e l’uomo per cui lavora, un tipo strano che si fa chiamare Armitage.
Armitage offre a Case un’operazione all’avanguardia in cambio delle sue prestazioni professionali. L’offerta si tramuterà in un ricatto per la propria vita ed Armitage costringerà Case a lavorare per lui in una missione volta a violare un’intelligenza artificiale.
Per fare ciò, Molly e Case dovranno lavorare in simbiosi, con lui che si collega all’impianto sensoriale di lei. Dovranno intrufolarsi in banche dati e mettere insieme un armamentario che si compone fra le altre cose di un virus informatico e della coscienza di Flatline registrata in un hard disk. Dixie “Flatline” era uno dei cowboy che ha insegnato il mestiere a Case ed è morto perché gli hanno fritto il cervello durante un attacco cibernetico, per questo lo chiamano “Flatline”, linea piatta.
La missione li porterà a girare il mondo fino alla città dove i proprietari di una grande multinazionale conservano la loro intelligenza artificiale. Lì si consumerà la battaglia finale fra realtà e cyberspazio.

William Gibson è un visionario nella migliore accezione del termine. Questa storia è una visione futuristica dell’interconnesione fra uomini e macchine, fra reale e virtuale, fra sentimenti e ragione, fra percezione e rappresentazione.
L’autore pone l’accento su questa connessione con varie figure retoriche che si estendono per tutta la storia. Prima fra tutte la personificazione. Inculca una coscienza e una personalità alle macchine per renderle umane. Al contrario trasforma le persone in macchine con impianti cyborg, è il caso di Molly, o in burattini manovrati da intelligenze artificiali, è il caso di Armitage, o in pura coscienza a fini informatici, è il caso di Flatline.
In questo modo, sottolinea anche l’eccessiva importanza attribuita alle concezioni mentali, dati astratti, a scapito dell’esperienza corporea, dati fisici. Lo fa in termini distopici. Ritrae un mondo dalla tecnologia avanzata ma degradato, dove le persone possono essere svuotate della loro personalità per diventare pupazzi, le città sono costruite nello spazio con proiezioni olografiche per renderle gradevoli, il malaffare si diffonde con colpi informatici.
Case incorpora tutto ciò. Quando non può collegarsi al cyberspazio, rifugge le sue sensazioni corporee e desidera le connessioni neurali che non può avere. Quando può tornare alla sua esistenza puramente cerebrale, comincia ad ascoltare le sue sensazioni corporee. Forse perché ha potuto collegarsi al sistema sensoriale di Molly, ha ascoltato le sue percezioni e il dolore causato dalle ferite in missione.
Alla distopia si contrappone un’esplosione sensoriale, soprattutto visiva, con una sorta di sinestesia che ritrae informazioni, persone e programmi all’interno del cyberspazio con vivide rappresentazioni colorate. Rappresentazioni che compongono la matrice, una realtà virtuale, dove le intelligenze artificiali amalgamano ricordi olfattivi e uditivi. Credo che in questo Gibson sia un precursore e perciò “Neuromante” è un cult della fantascienza.
Emblematica è la descrizione degli attacchi informatici di Case che sono descritti come assalti e incursioni in luoghi reali sebbene immaginari. Di pari passo l’azione si svolge fuori dalla matrice perché qui si trova l’ostacolo insormontabile per le intelligenze artificiali, ossia sistemi di chiusura antiquati e conoscenze possedute dagli umani.
Significativo è il fatto che Dixie “Flatline” parla come fosse una persona reale con coscienza e volontà, sa di essere un programma che esiste all’infinito senza alcuno sviluppo e infatti alla fine della missione vuol essere cancellato. Lo stesso Case dovrà distinguere fra reale e virtuale per scegliere se diventare un’eterna coscienza della matrice o continuare la sua vita mortale fuori da essa.
Il libro è ricco di idee futuristiche e fantastiche che si legano alla nostra esistenza. Unica pecca: a tratti la lettura è difficile perché non sempre Gibson riesce a descrivere le sue idee in modo chiaro, ma di certo “Neuromante” è una storia da leggere assolutamente.



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