Recensione – Il drago di Sua Maestà

Copertina Il drago di Sua Maestà
Il drago di Sua Maestà di Daniele Cellamare

Recensione

A metà del 19° secolo, la Jardine Matheson Company, dal nome dei soci fondatori, è una società britannica che si stabilisce in Cina per attività commerciali, fra cui la distribuzione dell’oppio, la “terra nera” che arriva dall’India.
La società ha sede a Canton e da qui inizia la prima guerra dell’oppio quando l’imperatore cinese decide di vietare la droga che sta creando dipendenza e decadimento sociale nella popolazione dell’impero. Inizia così una serie di colpi su colpi in un crescendo di tensione: l’impiccagione di un prigioniero accusato di contrabbandare la terra nera, il sequestro della droga ai britannici, e ancora gli stranieri sono relegati nel loro quartiere a Canton. Mentre James Matheson assiste a ciò che accade e informa il suo socio William Jardine, costui a Londra dà il via a una risposta da parte del governo britannico che sfocia in guerra.
La guerra navale fra Cina e Regno Unito imperversa lungo le coste con un divario tecnologico fra le giunche cinesi e le navi britanniche che ne fa presagire l’esito.
In questo turbinio di eventi si ritrovano invischiati pirati, soldati britannici, criminali e fanatici religiosi. In particolare Shaoran, un pirata, e la sua compagna Maylin, una serva-schiava, che fuggono dai rispettivi guai per poter vivere la loro vita in libertà. La loro strada si incrocia con quella di Ethan Cooper, un soldato britannico che ha voluto provare l’oppio disertando, e il suo amico Richard Johnson che lascerà l’esercito per aiutarlo.
In questo clima di incertezza, nasce un movimento di fanatici religiosi capeggiato da colui che si definisce il Figlio Cinese di Dio e per mezzo di un proprio Cristianesimo vuole sovvertire l’ordine popolare con fare militare. Ethan e Richard si uniranno a questa milizia fino a scoprirne la reale natura spietata.
Tutto è destinato a cambiare e l’oppressione britannica a cui la Cina deve piegarsi potrebbe diventare un’alleanza per sedare le rivolte interne.

Daniele Cellamare ha scritto un romanzo piacevole intrecciando eventi storici con eventi narrativi che incuriosiscono il lettore e lo tengono incollato alle pagine.
Il suo merito principale è quello di dare risalto alle cause scatenanti della guerra e al loro progredire da un ambito strettamente commerciale a uno sociale e politico. Gli interessi economici della Jardine Matheson, a cui viene sequestrata una ingente quantità di oppio, vengono traslati presso il governo britannico, contrario all’oppio, come possibilità di conquista territoriale ed espansione economica, il tutto in nome di uno spirito “missionario” che vorrebbe educare il popolo cinese, considerato una cultura arretrata, che a sua volta vede negli inglesi dei barbari incivili.
Queste non sono le uniche contraddizioni e peculiarità evidenziate dall’autore fra le righe del romanzo.
In Inghilterra l’oppio è proibito e l’opinione pubblica non lo vede di buon occhio, ma spostando l’attenzione sulle mire espansionistiche, il governo britannico ottiene i consensi per muovere guerra nonostante alcuni pareri contrari di chi è propenso a rispettare una cultura diversa che allo stesso modo ripudia questa droga.
In Cina l’oppio è considerato nocivo ma la sua diffusione è diventata capillare, fino alla nascita delle fumerie e alla dipendenza dei meno abbienti che li porta a un decadimento sociale e morale. L’impero cinese decide di vietare l’uso della droga solo quando si accorge di questo decadimento, ma lo fa anche perché vorrebbe liberarsi degli stranieri che si stanno radicando sul suo territorio.
Fra i vari risvolti etici, il traffico di oppio fa gola a molti. La regina dei pirati Ching Yih ne vieta il contrabbando a Chui Apoo, un capitano ambizioso, ma gli ordina di affidarlo al suo allievo Shaoran solo per dargli una lezione. La regina è in combutta con la Società delle Tre Armonie, la famosa Triade, per vendicarsi di Chui Apoo, e influisce anche sulla guerra dell’oppio dando consigli al delegato dell’impero, ma il suo immenso potere nulla potrà contro la malattia che divora la donna dall’interno.
Nel frattempo, Shaoran si salva dalle grinfie dell’oppio grazie a Feng Hai, il proprietario di una fumeria con solidi ideali, che lo distoglierà dal commercio di questa “terra nera” fino a lasciare la pirateria anche in nome dell’amore. L’ex pirata, la sua compagna Maylin e i due soldati inglesi disertori rappresentano la visione lucida in un mondo distorto dai fumi dell’oppio, ed è proprio Feng Hai ad aiutarli.
Emblematico è lo scontro fra marinai ubriachi e un gruppo di cinesi fuori da un locale malfamato, la rissa sfocia nell’omicidio di un cinese e le autorità inglesi danno il via a una sorta di processo farsa dove emergono le prime divergenze culturali. Ciò dimostra come gli eventi si prestano a varie interpretazioni ma il fallimento della diplomazia è evidente, ancor di più al termine della guerra, nei trattati di pace dove i vincitori rispettano i vinti solo in apparenza e pongono le basi per un cambiamento epocale.
Il tema dell’evoluzione è onnipresente. La Triade prende il posto della regina Ching Yih negli affari illeciti e accresce la sua forza criminale. Il figlio dell’imperatore prende il posto del padre deceduto ma non ha la tenacia dei suoi avi. I nipoti di Jardine e Matheson subentrano loro nella guida dell’azienda che si espande. I fanatici religiosi professano una rigidità di costumi che cela la depravazione molto più di quanto già in uso. Per liberarsi dei fanatici, il governo cinese potrebbe fare degli invasori inglesi i propri allegati. L’oppio comincia a diffondersi in Inghilterra in vari strati sociali a indicare quanto il decadimento civile non conosce confini.
Doverosa una piccola nota: lo stile dell’autore è fluido ma a volte didascalico nel riportare nozioni storiche anche per mezzo dei dialoghi.
Per concludere, consiglio vivamente la lettura del romanzo agli appassionati di Storia e di scontri, non solo bellici ma anche di vedute.



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