Recensione – Fuori onda

Copertina Fuori onda
Fuori onda di Giuseppe Mastrangelo

Recensione

Un noto banchiere viene ritrovato cadavere insieme alla moglie e i due figli nella sua casa di Trieste. Ciò che attrae i giornalisti è soprattutto l’efferatezza degli omicidi: l’uomo strangolato, i bambini soffocati nel letto, la moglie crocifissa nuda nel giardino di casa.
Fra questi giornalisti, c’è anche il protagonista della storia che racconta il suo punto di vista sulla vita in generale, soffermandosi sul suo rapporto con quella che è ormai una verità costruita a tavolino e diffusa attraverso i mass media per manipolare il pensiero comune. Da artefice della manipolazioni, al servizio dei potenti di turno, il famoso giornalista si riscopre il ragazzo di un tempo che credeva nel suo mestiere e nella verità cruda. Tanto che agli scoop passati da chi comanda, preferisce trovare lo scoop autentico scavando nei moventi della strage, che vanno ben oltre l’ideologia estremista di quattro ragazzi capri espiatori, e arrivare così a una sorta di riscatto personale.

Mastrangelo propone una serie di riflessioni sulle relazioni, sul conformismo e sui compromessi che influenzano la vita di un gionalista noto. Sviscera così in prima persona le opinioni di un uomo che ha avuto molto successo vendendo l’anima ai potenti, allontanandosi dalla moglie e dai figli, rincorrendo la vanità e la notorietà, non ultimo il dio denaro. Tutto per rendersi conto alla fine di avere pressocché nulla.
In linea generale, l’idea del libro sarebbe anche lodevole, ma l’autore non l’ha sviluppata al meglio. A parte il fatto che il testo ha bisogno di una revisione, lo stile di scrittura è eccessivamente didascalico e rende la lettura molto lenta, a volte sembra finanche di arenarsi su certi temi.
Fra questi, il tema del conformismo viene affrontato a più riprese ma ciò trasforma l’intenzione lodevole dell’autore in stereotipi. La vicenda della strage, intorno a cui girano le notizie date in tv e le informazioni cercate, ti spinge a finire la lettura ma scompare dietro la boria malcelata del protagonista che sembra vantarsi delle sue conoscenze e del suo liberalismo sessuale. Le esperienze e le riflessioni sessuali su sui il giornalista torna spesso, anche in maniera esplicita e a mio modesto parere di cattivo gusto, sono in realtà un tentativo di mettere pepe alla storia, forse per fini commerciali, ma aggiungono solo un pizzico di sale in una storia che appare così scialba.
Perdono di significato tutte le riflessioni sulla vita, sul dolore fisico o morale, sull’amicizia fra colleghi, sulla morte, sulla solitudine.
Il libro risulta una sorta di biografia degna del protagonista, cioè fatta di sola apparenza e nozioni ostentate, che non ha mordente.



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