Recensione – I quattro cantoni

Copertina I quattro cantoni
I quattro cantoni di Gabriella Genisi

Recensione

Il cadavere di un fotografo è rinvenuto in casa sua, l’uomo è stato seviziato. I sospetti ricadono su due Rom, padre e figlio, che avevano avuto screzi con l’uomo nei giorni precedenti. Le indagini rivelano gli affari loschi del fotografo e il movente che avrebbe spinto padre e figlio all’omicidio. Una rapina andata male lascia il posto a una spedizione punitiva per foto oscene a minori.
I due sospetti muoiono in un incidente stradale e ciò incrina il già fragile equilibrio sociale. In molti vorrebbero sgombrare il campo rom di Bari e perfino alcuni politicanti gettano benzina sul fuoco con i soliti luoghi comuni.
La commissaria Lolito Lobosco non è convinta della soluzione comunemente accettata, a partire dai suoi superiori, e lei continua le indagini fino a discolpare i due sospettati. Altri sembrano gli artefici dell’omicidio, ma ciò dà il via a una catena di eventi che si intrecciano con l’intolleranza sociale che dilaga a Bari.
Lolita riesce a incastrare i presunti esecutori del delitto, ma vuole incastrare anche il loro mandante. Ancora una volta, purtroppo, la soluzione è solo apparente e la commissaria dovrà fare i conti con altri omicidi, probabilmente legati al primo, che spingono le teorie investigative sull’ipotesi di un serial killer. L’instabilità sociale e i luoghi comuni sono il pretesto per sollevare Lolita dall’indagine, ma lei risolverà il caso rischiando in prima persona.
La trama si dipana fra eventi legati all’indagine ed eventi della vita privata di Lolita che si ritrova sola, seppur corteggiata da alcuni, dopo che vede il suo attuale compagno abbandonarla nottetempo.

Gabriella Genisi torna a stupire e coinvolgere con questa indagine di Lolita Lobosco. Stupire perché ha ideato un intreccio di eventi, moventi e relazioni che giocano con le apparenze e tengono il lettore con il fiato sospeso fino alla soluzione, soprattutto quando il lettore patteggia immancabilmente per la commissaria. Coinvolgere perché Lolita affronta con tutte le sue sfaccettature caratteriali situazioni non facili, lavorative e private, che la portano a confrontarsi con una cultura, non solo quella rom, troppo influenzata dai luoghi comuni.
La stessa Lolita è bersaglio dei luoghi comuni, ma lei è diversa. Lei cerca di cambiare il suo punto di vista, si interessa della cultura altrui, si difende dai pregiudizi e cerca di spazzarli via da sospetti e superiori, con ironia e caparbietà.
A livello più generale, l’autrice punta una luce sull’intolleranza sociale, spesso frutto dell’ignoranza, e soprattutto sul tema della morte che in una storia di serial killer potrebbe ben presto diventare cosa scontata. Qui, invece, Gabriella Genisi ne mostra diversi aspetti oltre alla “messa in posa” dei cadaveri del killer. Mostra il culto funebre dei rom, mostra il dolore di Lolita quando scopre della morte naturale del suo ex e un altro aspetto legato alla nascita che non svelo. Tratta con il giusto riguardo pure i temi dello sfruttamento sessuale e della violenza su minori.
Tutto ciò mette alla prova Lolita che rivela nelle sue azioni la forza d’animo e la fragilità che la contraddistinguono. Ancor di più quando deve fronteggiare l’assassino.
Per contrasto ai temi forti trattati, la Genisi ritrae la leggerezza e la spensieratezza che traspare nelle relazioni autentiche con una serie di amici e colleghi che si stringono intorno a Lolita. Spiccano con tutta la loro intensità emotiva i rapporti con mamma e sorella, le diversità di vedute con il suo ispettore Forte, la complicità con l’amica Marietta.
Per evitare rivelazioni che intaccherebbero il piacere della lettura, concludo con il consiglio di leggere il libro come fosse una leccornia. Scoprirete che spesso indugiare nei piaceri della gola, in un modo o nell’altro, può salvarti la vita.



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