Dialogo – L’enigma del libro dei morti

Ho conosciuto Martin Rua alla Libreria “Luna di Sabbia” a Trani e ho scambiato due chiacchiere con lui dopo la presentazione del primo libro della sua Prophetiae Saga: “La profezia del libro perduto”.
Abbiamo avuto modo di ritrovarci in altre occasioni e ho potuto vedere che, oltre l’aura di mistero storico che sembra avvolgerlo, è un tipo simpatico, cordiale e molto disponibile.
Così dopo aver letto il secondo libro della saga, “L’enigma del libro dei morti”, gli ho chiesto di fare una chiacchierata. Lui ha sottratto un po’ del suo tempo alla scrittura del nuovo libro per parlare con me.
Leggi il dialogo e ricorda che evolve senza una scaletta predefinita, questo ci ha portato a parlare anche di temi seri e svelare un po’ dell’ultimo capitolo della saga.


Renato Mite
Martin Rua
Una delle cose che più mi ha colpito nel tuo “L’enigma del libro dei morti” è l’accostamento fra scienza antica e moderna.
Un episodio che mi è piaciuto particolarmente è quando Gabriel, nel nostro tempo, inala prima vapori di alcune erbe per la veggenza e dopo usa uno smartphone per trovare con mappe e foto il luogo della sua visione. Credo che questo possa ben rappresentare come tu intrecci passato e presente. A volte anche evidenziando fra le righe metodi antichi e moderni.
Mi riferisco ad un’altra cosa che mi ha colpito, ovvero il modo in cui la peste viene diffusa in epoca contemporanea e in tempi storici.
Non si può prescindere ormai dalla tecnologia, anche quando si scrive di argomenti piuttosto fantastici, a meno che non si scriva di fantasy. A quel punto c’è un po’ più di libertà.
È anche interessante, appunto, riuscire a descrivere la tecnologia del passato e l’uso che i miei personaggi ne fanno: è quel che fa Nostradamus quando si trova ad affrontare la setta del Priorato di Montségur, usa la tecnologia a disposizione ai tempi suoi. Senza troppe esagerazioni.
È una cosa che ho imparato a mie spese, giacché nel mio primissimo romanzo c’erano forse un po’ troppe concessioni alla fantasia e molti lettori questa cosa non me l’hanno perdonata. È vero che ciò che si scrive deve piacere prima di tutto all’autore, ma è anche vero che se si vuole vendere e raggiungere un vasto pubblico, bisogna accettare qualche compromesso.
Sono dell’idea che si migliora scrivendo e certo non si può piacere a tutti. La questione dei compromessi, poi, è delicata, qui la lascerei da parte.
Perché, secondo me, le tue storie affascinano i lettori per un altro motivo. Tu rendi la Storia con la s maiuscola qualcosa di pulsante, al contrario dei libri di scuola, e la intrecci al presente animandola. Chi si aspetterebbe di leggere Nostradamus che tiene sotto tiro un uomo con la balestra da dentro una carrozza?
Mostri ai lettori qualcosa che non si aspettano. Nostradamus è visto nel suo evolversi, è il simbolo di una cultura che lascia le superstizioni per far spazio alla conoscenza scientifica e lo fa anche interagendo col suo discendente attraverso le visioni. Questa loro capacità è il punto focale della saga ed è più evidente in questo libro rispetto a “La profezia del libro perduto”. Si tratta di un frutto della fantasia e, per chi non ci perdona, diciamo che la scienza non ha ancora trovato una spiegazione, ma senza, la saga non avrebbe il suo fascino.
Parlando di fantasia, credo che come ogni autore tu visualizzi, in una sorta di visione, i tuoi personaggi nel loro agire. A me capita di sentirmi fra i miei personaggi, ma sono contemporanei. Quindi ti chiedo: ti capita? Com’è trovarsi immerso con la fantasia, senza il filtro della pagina scritta, nella Storia che pulsa, fra personaggi storici del calibro di Nostradamous che peraltro si proietta nel futuro fino ad arrivare al nostro presente?
Certo la questione dei compromessi è delicata, ma non secondaria. Puoi ignorarli se sei già uno scrittore affermato o se non hai interesse a farti piacere da un vasto pubblico. Io, a dire il vero non ho rinunciato a manifestare anche le mie idee politiche in questa saga, scagliandomi contro i gruppi neo-nazisti che sempre di più stanno prendendo piede in Europa. Be’, questo ha scatenato critiche in lettori di quella fede. E la cosa, lungi dal farmi capire di aver sbagliato, mi ha convinto a dire a me stesso che, sì, lo rifarei altre mille volte.
Quanto alla Storia che prende vita tra le pagine di un romanzo, è certamente affascinante dar voce a personaggi realmente esistiti, filtrando le loro vite e le loro avventure attraverso la fantasia. È un gioco bellissimo che si fa più o meno da sempre. Il problema è la verosimiglianza. Non si può esagerare, altrimenti si rischia ancora una volta di scrivere un romanzo fantasy o, nel caso di tecnologie estreme usate nel passato, qualcosa come lo steampunk. Che va bene, ma è un altro genere.
Prima di parlare di questo, mi dici qualcosa su Nostradamus?
Personalmente, mi sono divertito molto a rendere la figura di Nostradamus un po’ più “action” rispetto a quello a cui siamo abituati, senza però perdere di vista quelle che erano le sue caratteristiche di studioso e veggente. Prima di farlo vivere sulla pagina, ho naturalmente ricostruito mentalmente il suo viaggio e le difficoltà che esso comportava nel XVI secolo. Ho visto lui e il giovane Gaston attraversare città famose della Provenza e ho cercato di ricreare un’atmosfera verosimile che avrebbe poi dovuto coinvolgere il lettore. Per capire se ci sono riuscito o meno, forse vale la pena leggere le recensioni che i miei lettori hanno lasciato un po’ in giro.
Secondo me, ci sei riuscito.
Tornando a temi più seri, anche la Politica è Storia e non possiamo rinunciarvi, sono d’accordo. In questo periodo, poi, la relazione fra le due è più evidente perché il terrore perpetrato da certe ideologie fa sempre più vittime, cosa che avevi sottolineato pure in “La profezia del libro perduto”. Io sono convinto che la Politica è importante, e si concretizza anche con le prese di posizione che ognuno di noi ha contro certe barbarie.
Il genere dei tuoi libri ha infatti l’onore e l’onere di rappresentare la realtà per mostrarne ai lettori una faccia che spesso viene sottovalutata. Questo mi ricorda un po’ George Orwell che in “1984” rappresenta con la narrativa la condizione socio-politica della sua epoca per mostrarne le minacce.
Parlando di minacce, quella dell’epidemia che mostri nel libro è più vicina alla realtà di quanto si possa immaginare.
Non credo di aver fatto chissà quale gran lavoro dal punto di vista storico, a dire il vero. Ci sono dei riferimenti precisi, certo, ma in generale la ricostruzione mi è servita per far muovere i personaggi in uno sfondo storico verosimile. Ben altri sono i romanzi che lo fanno in maniera eccellente: penso a Ken Follett, per esempio, o, per parlare di uno scrittore italiano, allo straordinario Umberto Eco, con licenze poetiche incluse.
Quanto alle epidemie… be’, è una minaccia costante, sì. Anche se, per ora, un vero e proprio attacco batteriologico di matrice terrorista non è stato ancora scagliato sui popoli occidentali, è un’ipotesi del tutto plausibile. Spero vivamente di non vederla mai una cosa del genere.
Una cosa, invece, che è già diventata ampiamente realtà è il cyber-terrorismo. Ci sono cyber-attacchi di portata globale quasi all’ordine del giorno, solo che non sempre se ne parla. È una roba forte, ecco perché sarà uno degli argomenti principali dell’ultimo capitolo della saga.
Spero anch’io che nessuno assista mai ad un attacco batteriologico.
Per quanto riguarda i cyber-attacchi, l’informatica è uno dei miei interessi e devo dire che in effetti oggi è usata come arma. Spesso non se ne sente parlare perché sono attacchi globali ma contro singoli, ad esempio per estorcere denaro o bitcoin in cambio dei propri dati, o contro Stati che tendono a ridimensionare l’accaduto. L’informatica però nasce come una scienza neutra, sta all’uomo usarla per fare del bene o del male, questo è uno dei temi del mio Apoptosis.
Torniamo a te. Prima di salutarci, vorrei proprio che mi parlassi dell’ultimo capitolo della saga. Rivela qualcosa in esclusiva, se puoi.
Altrimenti dimmi quanto mi avvicino con le mie previsioni.
Nella recensione de “La profezia del libro perduto” avevo predetto che Gabriel sarebbe stato un personaggio fondamentale nei libri successivi. Ora prevedo che nell’ultimo capitolo succederanno due cose. Primo: il tenero fa Gabriel e Khadija farà scoccare una scintilla. Secondo: César, il figlio di Gabriel, avrà un ruolo decisivo nello sventare un cyber-attacco, magari con l’aiuto di Lorenzo Aragona che decifrerà un codice per l’occasione.
Ti lascio la parola per concludere e ti ringrazio per questo dialogo. Mi ha fatto piacere parlare con te e sono sicuro che anche i lettori troveranno il dialogo interessante.
Non farci stare troppo sulle spine.
Ci sei andato vicino. Del resto in “L’enigma del libro dei morti” ho gettato i semi per uno sviluppo simile a quello che hai ipotizzato. Le cose non andranno esattamente in quel modo, ma confermo un’importanza centrale di César e un intervento da parte di Lorenzo Aragona “in linea” con il suo personaggio di decifratore di codici ed esperto di esoterismo. Non mancheranno gli ingredienti tipici della saga, con i capitoli che ci mostrano uno degli episodi chiave della vita di Nostradamus, cioè il suo viaggio a Parigi. Un viaggio misterioso, dove ci sono molti punti oscuri. È questa incertezza che mi consentirà di sbizzarrirmi e immaginare qualunque situazione.
E poi ci sarà l’amore, certo. “Omnia amor vincit”, l’amore vince su tutto e sarà quella l’arma segreta per sconfiggere il male.
Per ora è tutto. Spero che i lettori gradiranno anche l’ultimo capitolo della trilogia.
Ti ringrazio per lo spazio che hai voluto dedicarmi.


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