Dialogo – Non fidarti della notte

Dialogare su un thriller con molti tratti da giallo non è affatto semplice, si rischia sempre di rivelare qualcosa sul finale o sul movente dell’assassino.
Io e Maria Teresa Steri abbiamo affrontato questa impresa parlando del suo romanzo “Non fidarti della notte”. Maria è stata già ospite sul blog e abbiamo scambiato più di una chiacchierata intorno ai suoi romanzi, pertanto, con l’esperienza dei precedenti dialoghi, abbiamo svelato alcune curiosità che possono stuzzicare la lettura di questo libro senza rovinare alcuna sorpresa.
A un tratto è sembrato perfino di essere nella storia come due investigatori, ma non mi dilungo oltre e ti lascio al dialogo.


Renato Mite
Maria Teresa Steri
Ciao Maria, benvenuta, sono contento di dialogare ancora con te.
Nel romanzo “Non fidarti della notte” hai tratteggiato dei protagonisti complessi su cui c’è molto da dire, però vorrei evidenziare innanzitutto un aspetto.
Le tue storie sono sempre avvolte da mistero soprannaturale e in questa storia c’è un piccolo accenno. Mi riferisco alle doti di Gabriele di influenzare la realtà con i suoi sogni.
Non sono proprio sogni premonitori però sul finale c’è un piccolo dettaglio che lascia intendere al lettore qualcosa sulle sue capacità.
Sono curioso di sapere se volevi mettere giusto un pizzico di soprannaturale in questa storia oppure quel dettaglio debba essere usato come una luce per interpretare la storia in modo diverso.
Cerca di non svelare troppo di questo piccolo dettaglio, mantieni un po’ di mistero come ben fai nei tuoi libri.
Ciao Renato, prima di tutto ti ringrazio per questa opportunità di chiacchierare sul romanzo, mi fa un immenso piacere potermi confrontare di nuovo con te.
Sono anche molto contenta della tua domanda, che coglie un aspetto della storia che mi sta molto a cuore. Come sai, il mio interesse per il soprannaturale spunta spesso nei miei romanzi, anche un po’ a sorpresa, ovvero senza che l’avessi previsto. Si può dire che è esattamente quello che è capitato in questo caso.
Fin dall’inizio mi sono posta nella prospettiva di Dalia, che si mostra scettica riguardi ai sogni di Gabriele e cerca di mantenere i piedi per terra. Questo punto di vista rimane per tutto il romanzo, ma a un certo punto mi è venuto spontaneo inserire un pizzico di ambiguità, un dubbio: e se invece nei sogni potesse davvero manifestarsi qualcosa di più? Lascio al lettore ogni interpretazione al riguardo. E immagino che anche tu ti sarai fatto una tua idea.
Beh, sì. Mi sono fatto l’idea che Gabriele ha una minima capacità e riesce, più che a influenzare, a leggere la realtà con i suoi sogni. Questa lettura è una premonizione nel senso che riesce ad intuire in anticipo gli sviluppi della realtà. Nell’episodio finale a cui alludevo, questo può spiegare l’avvertimento dato a Dalia.
Sai, questa cosa mi ricorda un sogno letto ne “L’interpretazione dei sogni” di Freud. Un uomo sogna di essere condannato a morte durante la Rivoluzione Francese e viene portato alla ghigliottina. La lama cala e lui la percepisce sul collo come reale nello stesso istante in cui si sveglia e si rende conto che la spalliera del letto gli è caduta addosso. Freud lo riporta per parlare della grande capacità del nostro cervello di elaborare e correlare ciò che ci circonda. Pensa un po’.
Oserei dire che la capacità di Gabriele possa averlo spinto a costituirsi perché conosceva gli sviluppi dell’arresto. In realtà, credo che la sua decisione nasca dalla voglia di portare equilibrio nella sua vita e in quella di Dalia, pagando anche il prezzo di ciò che potrebbe aver commesso senza rendersene conto.
Durante la storia, il comportamento di Gabriele, però, mi è parso suscettibile di varie interpretazioni, fra cui quella di un manipolatore esperto che influenza Dalia.
Vorrei sapere quindi qual è stata la tua bussola per ritrarre Gabriele e portarlo alla redenzione, se c’è. Doveva essere dominato dai suoi sogni o imporre la sua volontà con essi?
Purtroppo di persone come Gabriele ne ho incontrate davvero nella vita, quindi la bussola, se così si può definire, è stata l’esperienza diretta. Personalmente non l’ho visto come un manipolatore, ma come un uomo fragile che non riesce a instaurare un rapporto equilibrato né con le persone, né con la realtà. L’ho percepito più come una vittima che inconsapevolmente condiziona il mondo intorno a sé che non come qualcuno che voglia imporre una volontà. Quindi, sì, in questo senso la sua decisione di costituirsi può essere vista come un modo per riequilibrare le cose.
Non so dirti però se ci sia stata una redenzione, in questo ho preferito lasciare le conclusioni al lettore.
Tra parentesi, ti confesso che ho scritto il finale due volte perché non ero tanto convinta…
Ah, ma così mi servi la battuta su un piatto d’argento!
Ricordo di aver letto che Chandler ha riscritto più volte il finale de “Il lungo addio” per far risaltare le emozioni del suo investigatore Philip Marlowe.
A me il finale che hai pubblicato è piaciuto, risulta autentico dopo tutto ciò che è successo fra Dalia e Gabriele, direi che sottolinea il carattere volitivo di Dalia.
Quindi adesso la curiosità è tanta e vorrei sapere cosa non ti convinceva nei tuoi finali scartati.
Va da sé che puoi tergiversare.
Puoi anche avvalerti della facoltà di non rispondere.
Ahah, non è necessario, ma dovrò essere un pochino criptica per evitare spoiler! Diciamo che il primo impulso è stato quello di fornire a tutti i costi un happy ending, benché dentro di me lo sentissi un po’ stridere. Volevo una conclusione che fosse in linea con la personalità di Dalia, ma allo stesso tempo coerente con tutto quello che aveva fatto per Gabriele. Comunque, dopo aver scritto questa prima versione, un mio beta reader mi ha detto che non gli era piaciuta. Approfondendo il perché (i beta reader a volte vanno un po’ spronati a scavare), ho capito che aveva avvertito i miei stessi dubbi. E a quel punto ho provato a riscrivere l’ultimo capitolo e l’ho sentito più mio. Di fatto, Dalia aveva bisogno di guardare un po’ dentro se stessa… ma non aggiungo altro, altrimenti diciamo troppo 😉
No, no, manteniamo il segreto.
Però mi piace quest’aura da indagine poliziesca, che ovviamente tocca a te condurre. Io ti faccio da assistente.
Che dici, proviamo a fare luce sui legami degli altri implicati nella vicenda per vedere come influenzano Dalia e Gabriele?
Per Dalia abbiamo il fratello Pietro e l’amica Flaminia, per Gabriele abbiamo la madre Agostina e la poliziotta Marta sua nuova fiamma.
Direi che abbiamo soggetti “opprimenti” da un lato, Pietro e Agostina, e soggetti “valvole di sfogo” dall’altro, Flaminia e Marta.
Visione interessante! Non ci avevo pensato, ma trovo giusta la tua analisi. Io in realtà quando scrivo tendo a vedere tutti come oppressori, o meglio personaggi che cercano di portare nuovi punti di vista, spesso in contrasto con quelli dei protagonisti. Per esempio Flaminia all’inizio cerca di far capire a Dalia che dovrebbe restare lontano da Gabriele. Oppure Marta, che tenta di razionalizzare i sogni di Gabriele. Pietro invece lo vedo come un personaggio più ambiguo e in bilico tra vari sentimenti. Agostina, beh, oppressiva senza redenzione.
Devo dire che di solito non ho in mente ruoli precisi per questi personaggi secondari, ma in qualche modo riescono sempre a sorprendermi!
Grandioso, mi piace questa tendenza a considerare tutti oppressori, chi più chi meno, e soprattutto mi piace il fatto che li lasci, per così dire, liberi di muoversi.
Anche io non definisco a priori e fino in fondo tutti i personaggi, voglio appunto essere sorpreso, vedere che svolta possono dare alla mia storia.
In questa vicenda, però, c’è una vittima in senso stretto: Irene. La donna assassinata è il fulcro della storia e all’inizio l’hai ritratta con ambiguità proprio per questo.
Tu scrivi:

Gabriele cominciò a frugare in giro, sollevando con furia cose qua e là.
«Si può sapere cosa stai cercando, ora?».
«Il telefono. Nelle scorse settimane ho scattato qualche foto a Irene, prima che fosse assassinata».
Dopo un’affannosa ricerca, tirò fuori il cellulare. Il suo ambivalente approccio con la tecnologica non era cambiato: maneggiava il telefono con un certo disagio. Si allungò per mostrarmi delle immagini. Constatai che c’era ben più di qualche foto. Decine e decine di scatti dell’edificio e delle residenti, come se si fosse appostato a lungo per spiarle, alla luce del giorno e durante la notte. Avvertii un familiare senso di inquietudine.
Sfogliò con impazienza le foto, fino a trovare quello che cercava: le immagini di una donna sui trent’anni, vestita con una gonna dozzinale che le arrivava alle caviglie, le spalle coperte da una giacca di jeans. Un tipo anonimo, non particolarmente attraente.
«Perché hai scattato tutte queste foto? Sorvegliavi la casa?».
Mise via il telefono con un gesto stizzoso. «Sapevo che stava per succedere qualcosa, ci avrei messo la mano sul fuoco. Ma non potevo dimostrarlo. La polizia non ti crede senza prove concrete, dannazione».
«Vale a dire che…».
«L’ho sognato, te l’ho detto. Notte dopo notte. Durante il giorno, ho tentato di avvicinarla, ma era sfuggente, restia a parlare con gli estranei. Forse sapeva di essere in pericolo».

Il suo essere sfuggente permette alla storia le varie chiavi di lettura che sorprenderanno il lettore nel finale.
Senza fare rivelazioni sul personaggio, va detto che è inserita in un contesto un po’ horror a cui si lega una componente religiosa. Infatti è stata ritrovata cadavere in una chiesa.
Molte scene del libro danno un senso di gotico e di horror alla storia.
Questo mi ha fatto pensare a Hitchcock e il suo “La finestra sul cortile”, quindi sono curioso di sapere se fra le righe volevi fare un omaggio al regista che so essere fra i tuoi preferiti.

In effetti sì, ho pensato anche io a questo paragone con “La finestra sul cortile” mentre ero ancora in fase di ideazione della storia. Amo molto le atmosfere che Hitchcock ha saputo creare nei suoi film e l’avvio della mia storia voleva proprio essere una sorta di omaggio. Poi naturalmente la trama ha preso altre strade. Per esempio, il cadavere nella chiesa e tutti i retroscena di questo omicidio sono nati in seguito e si sono collegati al resto in un modo che mi ha stupito. Quello che voglio dire è che a volte ho quasi la sensazione che una parte inconscia di me conosca l’intera trama, mentre in apparenza procedo un po’ a tentoni quando scrivo.
In riferimento a quanto dicevi, Irene ha assunto una sua importanza man mano che la storia è andata avanti, anche se all’inizio non sapevo neanche io bene che ruolo avesse. Misteri della scrittura!
Non faccio fatica a crederti, io sono del tutto convinto che sia il nostro inconscio a intessere la trama e noi ce ne accorgiamo dopo, quando le cose si incastrano in modo sorprendente.
Penso a come si intrecciano le vite di Irene, Gabriele, Marta e Dalia.
Gabriele si interessa a Irene, Marta è una poliziotta, e quindi si interessa a Gabriele quando lui va alla polizia per dire che Irene potrebbe essere in pericolo, e infine c’è Dalia che suo malgrado deve interessarsi agli altri tre.
Lasciamo da parte il finale e quanto in realtà tutto ruoti intorno a Dalia, ma al principio Gabriele si interessa a Irene solo per averla vista di sfuggita nel viale sotto casa. Nel suo diario scrive di averla raggiunta in chiesa e di aver scambiato poche parole con lei.
Ecco, la curiosità è questa: potremmo dire che è stato l’inconscio di Gabriele a spingerlo verso Irene e che in un modo o nell’altro, prima o poi, l’avrebbe incontrata. Che sia successo per uno sguardo di sfuggita non fa differenza. In uno sliding doors ipotetico, anche senza quell’avvistamento, le loro vite si sarebbero intrecciate lo stesso.
Mi piacerebbe sapere la tua visione in proposito e se hai pensato a un modo diverso di intrecciare le vite di Irene e Gabriele oppure hai voluto proprio un piccolo evento, quasi insignificante, da cui scaturisse poi quest’effetto domino nelle vite dei protagonisti.
Sì, penso anche io che le loro vite si sarebbero intrecciate comunque. Pensa che all’inizio non avevo in mente di svelare al lettore neppure come si erano incontrati, proprio perché non lo ritenevo importante. Poi, scrivendo alcuni spezzoni del diario di Gabriele, mi è venuto in mente che potesse essere interessante conoscere qualcosa in più del suo rapporto con Irene e in particolare del primo momento in cui l’aveva vista.
Mi piaceva comunque l’idea che quell’unico casuale piccolo evento avesse dato il via a un effetto domino nelle vite di tutte le persone coinvolte. Se ci pensi anche nella vita vera a volte basta un’inezia apparentemente insignificante a creare un’onda che va crescendo con il tempo intrecciandosi ad altre situazioni.
Già, credo che sia inevitabile. Per quanto ci piace cominciare “in media res”, avremo sempre un “c’era una volta” da cui parte tutto.
Dopo le cose evolvono, spesso piacevolmente. Quando mi imbattei nel tuo blog Anima di Carta, mai avrei pensato che un giorno avremmo stretto amicizia e ci saremmo ritrovati a chiacchierare così tanto intorno a delle storie.
Questo dialogo è una di quelle situazioni piacevoli che, ahimè, direi di concludere qui per non svelare risvolti del finale.
Credo sia chiaro che per me questo scambio di battute è stato sorprendente e gradito, non mi resta che salutarti, ringraziarti e lasciarti la parola per aggiungere qualcosa. Magari un retroscena di “Non fidarti della notte” che non sono riuscito a captare ma vorresti tanto raccontare.
Mi viene in mente la parte relativa al soggiorno di Dalia a Residenza Magnolia, perché sono stati capitoli molto impegnativi da scrivere ma anche una sfida interessante. Ci tenevo molto a rendere l’atmosfera della casa e le circostanze in cui quelle donne disagiate si erano venute a trovare, ma sapevo che non era facile renderlo. Tra l’altro, quando ci sono molti personaggi, è necessario riuscire a descriverli in modo che il lettore se li ricordi. Al di là di queste difficoltà, però, per il modo di relazionarsi tra le residenti, mi sono rifatta a una mia esperienza personale, ovvero quando ho vissuto per alcuni anni in un collegio femminile durante l’università. Spero comunque alla fine di essere riuscita a rendere il tipo di ambiente e situazione.
Per chiudere, Renato, vorrei ringraziarti di cuore per questo scambio che ho molto apprezzato e che mi arricchisce tanto ogni volta, e naturalmente per l’ospitalità che mi offri sul tuo blog. Un grazie caloroso anche ai tuoi lettori che spero ci abbiano seguito con piacere fin qui!

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