Dialogo – La sottile linea del male

Per chi non conosce la serie su Saverio Sorace, ho recensito il primo romanzo “Fragile come il silenzio” e dialogato con l’autrice al riguardo. Dopodiché mi sono fatto prendere dal secondo romanzo “La sottile linea del male”, l’ho recensito e anche in questo caso non potevo farmi scappare la possibilità di dialogare con l’autrice Giulia Mancini.
Sa portarti dietro le quinte della storia in maniera profonda, preparati a varcare questa linea sottile.


Renato Mite
Giulia Mancini
Giulia è bello ritrovarti qui per fare due chiacchiere, ciao e bentornata.
Parlare di gialli senza fare rivelazioni è sempre difficile, qui però ti chiedo di fare un altro tipo di rivelazioni anche se dovesse essere difficile. Sono convinto che dal male poi arriviamo comunque al bene.
Leggendo il tuo “La sottile linea del male”, che ricordo a chi ci segue essere il secondo della serie sul Commissario Sorace, ho avuto un’idea.
Ho pensato alla frase “L’essenziale è invisibile agli occhi” del Piccolo Principe, lì si parla di essenziale buono, mentre nel tuo libro l’essenziale invisibile, almeno al principio, è il carattere malvagio della vittima: il professore Roberto Negri. Ritengo che tu abbia dovuto delineare la malvagità di questo personaggio a tutto tondo e poi darne solo alcuni tratti.
Vorrei che mi rivelassi tutto il male di cui il professore sarebbe capace ma che non appare nel libro.
Renato, anche per me, è un grande piacere ritrovarti, sono davvero contenta di iniziare un nuovo dialogo con te su La sottile linea del male. La tua bella domanda offre uno spunto interessantissimo, di quanto male è capace il professore oltre a quello già apparso nel libro. Roberto Negri è un uomo senza scrupoli assetato di potere, lui ama poter esercitare questo potere per raggiungere i suoi obiettivi calpestando i diritti di chiunque si metta sulla sua strada, la sua bellezza e i suoi modi apparentemente gentili traggono in inganno e mascherano la sua natura malvagia. Ha una natura violenta che nel romanzo viene solo accennata, anche se predilige quella psicologica. Potrebbe probabilmente arrivare a uccidere, ma questo gli riesce bene anche senza farlo materialmente, porta le sue vittime alla disperazione e le uccide lentamente con il veleno che ha instillato dentro di loro. In realtà si crede invulnerabile e non pensa di poter essere fermato, si fa beffe anche della legge tanto che infrange allegramente molte regole al limite della legalità. Ama circondarsi di cose belle, ma solo per sottolineare il suo potere. È un uomo pericoloso, soprattutto perché intimamente subdolo e ambiguo, credo che sia proprio questo che lo rende più infido di un criminale qualsiasi.
Infido eppure sembra esercitare un certo fascino del male. Anche se, va detto, tutti coloro che frequentano Roberto Negri hanno capito chi è realmente, guardano oltre la sua maschera tanto che qualcuno lo paragona addirittura a “Dorian Gray”. Certo non tutti riescono a superare i torti ricevuti, alcuni non riescono a estrarsi quel veleno.
Ho avuto la sensazione che Negri sia potente con i deboli proprio perché sono buoni, ma di questi alcuni vanno oltre: il suo collega non è interessato ai giochi di potere e ai riconoscimenti per il brevetto, gli studenti vogliono solo laurearsi, sua moglie… Parliamo della moglie Rossana. Una donna che si innamora di lui da giovane, tanto da lasciare Alberto Sala che poi diverrà il direttore del dipartimento dove lavora Negri e che li ha fatti incontrare. Mi sorprende come lei sopporti i sopprusi del marito.
Ecco l’estratto che racchiude nelle considerazioni di Sala il concetto a cui mi riferisco.

Ricordava ancora una delle ultime cene insieme, lui e sua moglie con Roberto e Rossana, più di un anno prima. Uscì da quella serata con una sgradevole sensazione di disagio, Roberto aveva velatamente denigrato sua moglie per tutta la sera, ogni volta che lei apriva bocca lui interveniva con un commento ironico e velenoso, la trattava come se fosse un’incapace, l’aveva sfinita con continue critiche mascherandole con benevoli consigli. A un certo punto Rossana aveva smesso di parlare. La studentessa brillante che ricordava era scomparsa per lasciare il posto a una donna insicura e fragile.

Sono curioso: mi diresti se Rossana sopporta per decoro, per coerenza con i propri sentimenti di gioventù che non vuole rinnegare o più che altro per amore dei figli. Se il motivo è un altro, illuminami.

Descrivendo il rapporto tra Roberto e Rossana affronto il tema della violenza psicologica, un’altra forma di violenza, molto meno evidente di quella fisica, ma non meno dannosa. Rossana sopporta gli atteggiamenti di suo marito perché, nel corso degli anni del suo matrimonio, la fiducia in se stessa è lentamente stata minata da continue vessazioni come spiego nel corso del romanzo attraverso una riflessione di Saverio:

“Per maltrattamento si intende qualunque comportamento destinato a tenere sotto controllo e soggiogare un altro essere umano con l’uso della paura, dell’umiliazione, nonché delle aggressioni verbali e fisiche.”

Nei casi di violenza psicologica “le armi usate non sono i pugni, ma le parole. L’uso di tattiche per spaventare, insulti, commenti denigratori, accessi di collera e continue critiche ottengono nel tempo lo stesso effetto di una violenza fisica: la paura, la sofferenza e la costante sensazione di essere inadeguati”. La moglie del professore è completamente soggiogata da lui e la sua insicurezza è la prima cosa che il commissario nota in lei quando deve darle la notizia della sua morte:

“Osservò la moglie di Roberto Negri, aveva diversi chili di troppo e un aspetto trasandato, osservò i polpastrelli delle mani, si mangiava le unghie e le tremavano le mani. Certo forse era l’effetto di quel tragico momento, forse era normale avere quell’aspetto dopo una notte insonne con l’ansia legata alla scomparsa del marito. Però sembrava così in contrasto con l’immagine esteriore del professore.”

Chi è vittima di questo tipo di violenza di solito è inconsapevole di quanto potere eserciti il proprio carnefice, perché semplicemente pensa di non poter vivere senza di lui, di essere incapace di gestirsi in autonomia e attribuisce la propria infelicità alla scarsa stima di sé e alla mancanza di fiducia.
Queste donne pensano di dover essere grate all’uomo che dice di amarle e proteggere e che, invece, esercita solo un enorme potere psicologico su di loro.
Rossana si è innamorata follemente di un uomo bello e pieno di fascino che ha saputo mascherare bene il suo reale modo di essere e lei, nel tempo, ha sviluppato una enorme dipendenza da Roberto che, invece, non ama davvero nessuno, ma gode nell’esercitare il potere su chiunque. Tutto deve corrispondere al suo disegno anche una moglie sottomessa e succube.

Vedere quanto una persona possa annientarsi per ciò che non è amore ma puro controllo è sconvolgente. Posso solo immaginare quanto Rossana si senta sollevata dopo la morte del marito.
A questo punto mi serve una parentesi romantica, che parli di Amore con la A maiuscola. Parliamo dei due investigatori protagonisti. Era evidente che Saverio e Sara fossero destinati a costruire una relazione perché i loro sentimenti sono così possenti eppure la ragione li ha tenuti un po’ distanti, solo la reale possibilità di perdere l’una l’altro li ha fatti riavvicinare. Il loro amore aveva bisogno di una presa di coscienza che superasse qualsiasi altra idea razionale oppure la possibilità di perdersi è stata il primo passo per perdersi concretamente nei loro sentimenti?
Accade spesso che capiamo l’importanza di una persona solo quando la perdiamo, forse perché prima la diamo per scontata. Poi accade qualcosa che ci fa riflettere sulla caducità della vita e mettiamo da parte tutti i dubbi oppure, semplicemente, decidiamo di correre dei rischi. È quello che accade a Sara con l’incidente di Saverio, all’improvviso lei capisce che avrebbe potuto perderlo e che non può più trincerarsi dietro le sue paure. Sara si rende conto che vuole vivere quell’amore a tutti i costi, perché vale la pena viverlo al di là di tutti i dolori che può portare con sé. Quando Saverio viene ferito, facendo temere per la sua vita, capisce che non può più nascondersi e proteggersi dai sentimenti che prova per lui. Libera così il suo cuore dall’inverno in cui lo ha relegato per difendersi.
E anche Saverio, grazie a questo intenso sentimento, si sente come se finalmente la sua vita avesse preso la direzione giusta. Sì Renato, hai ragione la possibilità di perdersi li ha concretamente fatti perdere nell’amore che provano l’uno per l’altra.
Spero che il lavorare insieme non crei loro dei problemi.
A proposito di lavoro, Sara si dimostra un’investigatrice molto capace, e non parlo di quando Saverio è costretto a riposo anche se non riesce a starci, ma ancor prima. Quando le viene in mente di andare in Università sotto le mentite spoglie di una studentessa. Lei riesce a scoprire alcune cose sul conto del Professor Negri, voci che circolano fra gli studenti. Quello che più mi ha colpito, oltre all’iniziativa personale, è che Sara sembra trovarsi a suo agio perché da poco tempo ha finito l’università mentre Saverio ha già un’idea più lontana di quegli anni di studio, con i cambiamenti che circondano tale visione è ovvio.
Mi chiedevo se questi diversi punti di vista, oltre a indicare una differenza di età fra i protagonisti, servisse a evidenziare il mondo dell’università come una sorta di confine fra gli anni spensierati dello studio e gli anni più seri del lavoro. Fra chi è lì per studiare e chi è lì per insegnare, un lavoro che a volte dà grande potere sul futuro degli studenti con tutte le sue influenze. Qual è l’idea del mondo universitario che volevi trasparisse dalle tue pagine?
Le tue domande sono molto belle Renato, lasciano trasparire l’attenzione con cui hai letto il romanzo. In effetti tra Sara e Saverio c’è un decennio di differenza, ma è proprio quel decennio che segna lo spartitraffico tra il mondo degli studi universitari e il mondo del lavoro e, se vogliamo, dell’età adulta. Parlo per esperienza personale: il periodo in cui si studia si ha un’idea nebulosa del lavoro, non ci si rende conto pienamente di cosa arriva dopo, non è scontato che quello che si studia venga davvero messo a frutto. Il futuro è un’ipotesi vaga che troppo spesso si scontra con la crudezza della realtà. Il mondo universitario, pur con tutti i progressi fatti in questi anni con i tirocini obbligatori, non prepara troppo al mondo del lavoro trasmettendo spesso un’immagine distorta della realtà lavorativa. I docenti universitari hanno un grande potere sulle giovani menti che influenzano con il loro lavoro di insegnamento, un potere che non sempre esercitano bene, perché – soprattutto nei corsi di studio più affollati – gli studenti sono solo dei numeri e forse non ricevono la giusta attenzione.
Sembra che tu conosca molto bene la materia…
Conosco docenti universitari davvero votati alla didattica, mentre altri considerano l’insegnamento solo un’appendice del loro lavoro perché concentrati più sulla ricerca (anche questa senza dubbio importante) o sulla loro carriera. Il mondo universitario odierno (un po’ come il mondo del lavoro in generale) è diventato molto più precario, ci sono moltissimi ricercatori a tempo determinato che, a volte, dopo anni di precariato abbandonano la carriera universitaria; ci sono i cosiddetti “baroni” che non sono stati ancora debellati che esercitano il loro potere in modo non sempre corretto. Volevo trasmettere questa realtà che ho avuto modo di conoscere per i rapporti con questo ambiente molto collegato al mondo delle aziende. Siamo nel campo delle eccellenze italiane che, per Bologna restano altissime, ma con molte storture e contraddizioni.
A pensarci, poi, è tutto collegato. I rapporti che si instaurano durante lo studio e sul lavoro possono influire sulla vita privata in modo positivo ma anche con risvolti molto negativi. Credo che questo sia il senso profondo del tuo libro.
Non vorrei svelare troppo, quindi ti ringrazio per questo scambio di battute che ci ha portato ancor più nel libro.
Ti saluto e ti passo la parola per rivelare, se vuoi, qualcosa sulle prossime indagini di Saverio e Sara.
Le amicizie che si creano ai tempi della scuola e, in particolare, nel periodo universitario, sono quelle di più lunga durata, quelle che si cementificano nel corso della vita, perché si è fatto insieme un percorso di formazione molto importante.
La prossima indagine di Saverio e Sara è incentrata sul lato oscuro, quella parte più nascosta dell’animo umano che può fare le azioni più terribili. Una ragazza scompare nel nulla in una sera di fine estate mentre sta andando a una festa, dopo qualche giorno, a Bologna, viene ritrovato il cadavere di una giovane donna scomparsa un mese prima in un’altra città. Coincidenza o serial killer? Saverio, in questo episodio, è molto tormentato sia per l’ansia di voler salvare la ragazza scomparsa – forse ancora viva ma ogni secondo che passa potrebbe essere il suo ultimo istante di vita – sia per l’assenza di Sara che non è accanto a lui ad aiutarlo nelle indagini. C’è quindi un doppio enigma uno legato all’evento criminoso, l’altro legato all’assenza di Sara, ma il suo ritorno potrebbe essere ancora la chiave di volta per la risoluzione del caso. In questo romanzo mi diverto anche un po’ a giocare con il titolo, L’ombra della sera, in quanto la parola “ombra” ha un doppio significato che verrà svelato solo verso la fine del romanzo.
È stato molto bello questo dialogo, grazie ancora.


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